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NOVEMBRE ECONOMICO: “NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE?”

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E' questa la domanda che ci siamo fatti qualche settimana fa, quando ci siamo trovati a pensare ad un nuovo ciclo di incontri autunnali sulla situazione di stallo politico ed economico dell'Europa.

Per continuare la riflessione iniziata con il “maggio filosofico” sul centenario dello scoppio della “Grande Guerra”, abbiamo pensato di proiettare il film di Lewis Milestone del 1930 (titolo originale All Quiet on the Western Front), probabilmente uno dei primi film pacifisti della storia, in cui i giovani protagonisti scoprono che il dovere e l'etica nulla hanno a che fare con il macello provocato dalla “guerra totale”.

Proseguendo questa riflessione, abbiamo poi voluto mantenere il provocatorio parallelo tra gli attacchi lanciati dalla Germania all'Europa con le due guerre mondiali e l'attacco lanciato in questi anni alle economie dei paesi “maiali” (PIGS). Per questo abbiamo pensato di proiettare “il più grande successo dell'euro”, un film autoprodotto dal basso dal collettivo “101 dalmata” riunitosi attorno al blog del prof. Alberto Bagnai.

Prendendo spunto dalla grottesca frase pronuncia da Mario Monti poco prima di arrivare a capo del governo italiano, questo documentario mostra da un lato le miserrime condizioni sociali in cui è stato ridotto il popolo greco, e dall'altro spiega da un punto di vista di teoria economica come sia avvenuto tutto ciò, grazie agli interventi dello stesso Bagnai, di Vladimiro Giacché, dell'economista greco Alekos Alavanos e dello storico ed etnologo greco Panagiotis Grigoriou.

Il meccanismo è quello noto come “ciclo di Frenkel”, che già abbiamo analizzato nel nostro Laboratorio di economia. In breve, un regime di cambi fissi (e a maggior ragione una unione monetaria) tra paesi sovrani generalmente non costituisce un'Area Valutaria Ottimale, cosicché si vengono a creare squilibri sistematici tra le bilance commerciali dei vari Stati membri: in attivo quelle dei paesi centrali, in passivo quelle dei paesi periferici (da qui il loro essere “maiali”).

Inizialmente, l'afflusso di capitali dal centro alla periferia (per i minori costi in periferia, per la libera circolazione dei capitale e per l'assenza del rischio di cambio) induce una fase di sviluppo basata su bolle speculative mobiliari ed immobiliari favorite dall'abbassamento dei tassi d'interesse in periferia; dopo qualche tempo, però, gli squilibri nelle bilance commerciali provocano un aumento del debito (privato in una prima fase, poi anche pubblico) dei paesi periferici. Un minimo shock globale fa scoppiare la bolla: entrano in sofferenza i sistemi bancari (per i debiti privati) ed i conti pubblici. La crisi finanziaria si contagia così all'economia reale.

Non potendo svalutare, per riequilibrare la bilancia commerciale e “risanare” i conti pubblici i paesi periferici sono costretti ad adottare manovre di austerità (più tasse, meno spesa), con conseguenze recessive per l'economia reale, già in crisi per lo shock finanziario. Per cercare di guadagnare competitività nei confronti dei paesi centrali, inoltre, sono costretti ad adottare misure di “deflazione salariale” che aggravano la crisi.

Normalmente il ciclo di Frenkel si conclude con il default dei paesi periferici e la conseguente svalutazione della loro moneta nazionale (Russia, paesi del sud-est asiatico, Argentina... e prima ancora, nel 1992, gli stessi paesi europei “espulsi” dallo SME pochi mesi dopo la sottoscrizione del Trattato di Maastricht). Oggi questo esito non è così semplice, tuttavia, in un'unione monetaria come quella europea. Ed è qui che si inserisce la necessità di affrontare l'attuale congiuntura.

A questo è dedicata la terza e ultima serata della nostra rassegna, con l'incontro-dibattito con il prof. Paolo Pini. Il sospetto è che dietro allo scambio tra maggiore flessibilità nelle regole sui conti pubblici e “riforme del lavoro” ci sia proprio la volontà di proseguire con il riequilibrio della bilancia commerciale italiana e con il “risanamento” dei conti i pubblici italiani a colpi di austerity e deflazione salariale, condannando così il Paese ad una spirale recessiva senza fine.

I problemi complessi non hanno soluzioni semplici, al di là dei simmetrici slogan "o Euro o morte" e "via dall'Euro o morte" ;-), noi de La Fornace puntiamo ad una comprensione e divulgazione di tutte le variabili economiche e geopolitiche coinvolte, come prerequisito per una azione consapevole per il futuro del nostro Paese e dell'Europa.

 

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