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VENEZIA '67 di Roberto Ferretti

Al festival di Venezia sempre più spesso, negli ultimi anni, la nostra attenzione è stata rivolta alle rassegne collaterali, come la “settimana internazionale della critica” o “ Le giornate degli autori”. Con grande capacità di muoversi nell’ambito internazionale delle produzioni, indipendenti gli organizzatori di queste due sezioni, sono puntualmente in grado di presentare al pubblico della mostra lavori sempre più convincenti che meriterebbero altrettanta attenzione dei nostri distributori.

Nell’ambito della rassegna “Le giornate degli autori”, abbiamo assistito ad uno degli incipit più coinvolgenti degli ultimi anni: una scena girata al rallentatore, musica rilassante in forte contrasto con le immagini. In un non ben identificabile conflitto bellico tra i tanti dimenticati, dei militari radono a zero un gruppo di bambini, forse prigionieri, un notaio dall’altra parte del Mondo, ai giorni nostri, da apertura ad un testamento contenente le ultime sconvolgenti volontà di una madre nei confronti dei propri figli gemelli, in una città del Canada.
Così inizia una delle più belle pellicole della sezione Venice Days, il film franco-canadese “Incendies” del regista Villenevue tratto dall’omonima pièce teatrale di Wajdi Mouawad. Una sceneggiatura pressoché perfetta, un trama che disorienta ma trascina lo spettatore tanto quanto i protagonisti del film. I figli poco più che ventenni, un maschio ed una femmina, devono consegnare una busta ad un padre e ad un fratello maggiore dei quali ignoravano l’esistenza, questo vuole una madre, dal passato oscuro, per poter riposare in pace.

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All’Orso Piace solo “Miele”

di Roberto Ferretti

Resoconto della Berlinale 2010, di Roberto Ferretti

Questa edizione della Berlinale, la 60esima, attesissima dal popolo tedesco, ha rappresentato una tappa fondamentale nella storia della cinematografia internazionale ed ha costituito, per il movimento culturale della capitale, un grande avvenimento. Purtroppo la qualità dei film, nella sezione principale della competizione ha un po’ disatteso le aspettative.

Si sono visti diversi lavori, in concorso, con poca lucidità e non hanno quasi mai convinto il pubblico in sala. Alcuni lavori denotavano una comune traccia, ovvero la profonda influenza sui figli della figura dei genitori.

Come si desume dal rapporto padre figlio del film vincitore “Bal” (“Miele”) del turco Semih Kaplanoglu. La storia, ambientata in un villaggio dell’Anatolia, racconta di un bambino con problemi di linguaggio che non riesce a legare con i compagni di scuola, ed un padre che passa molto tempo nel bosco alla ricerca delle api per ricavare il miele. L’orso d’oro arriva, non senza qualche perplessità da parte nostra, a termine di una trilogia iniziata qualche anno fa con “Uovo”, passando per “Latte”. Quest’ultimo visionato tra qualche pisolino nel 2008 a Venezia. Dialoghi pressoché assenti e macchina fissa su inquadrature interminabili sono alla base del cinema di Kaplanoglu.

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di Roberto Ferretti

Venezia 66 ha chiuso i battenti lasciandosi alle spalle una delle rassegne più interessanti e divertenti degli ultimi anni. Bravo il direttore della mostra internazionale Marco Müller, per la sensibilità denotata nel cogliere il malessere che la scorsa edizione serpeggiava tra il pubblico e tra gli addetti ai lavori, originato dai film, tanti e troppo deprimenti, a tal punto da renderne addirittura faticosa la visione. Bravo anche a mettere in piedi una kermesse all’altezza della situazione, nonostante la preoccupante concentrazione di grandi registi, tra i più importanti della scena internazionale vecchia e nuova, presenti questa primavera alla mostra del cinema di Cannes.

Il direttore Müller ha aggirato sapientemente il problema portando a Venezia molti giovani cineasti dalle notevoli capacità, affiancandoli ad alcuni maestri che da anni non si cimentavano più nella realizzazione di film. Stiamo parlando, ad esempio, di Jacques Rivette, uno dei padri della nouvelle vague, o del ritorno di Werner Herzog, dopo anni di solo documentari e regie teatrali, con ben due film in concorso: per poi sbalordire tutti con il mito George A. Romero, per gli amanti del genere horror, padre di tutti gli zombi in concorso con “Survival of the Dead”.

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