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L’annoso dibattito sul sistema elettorale italiano, tra precari equilibri democratici e “truffaldine” tentazioni plebiscitarie

Saggio contro il referendum per il sistema elettorale maggioritario

di Andrea Manganaro

L'Italia, si sa, è un classico esempio di democrazia di tipo consensuale, secondo la celebre classificazione elaborata dal politologo Arend Lijphart, trattandosi di un Paese, al pari di molti altri dell'Europa continentale, caratterizzato da una società culturalmente e politicamente non omogenea.1 In questi Paesi, normalmente il governo maggioritario si rivela non soltanto non adeguato, ma persino pericoloso poiché le minoranze escluse dal governo potrebbero percepirsi discriminate e divenire anti-sistema. Per questo motivo, le democrazie consensuali hanno normalmente almeno alcune delle seguenti caratteristiche: a) governi sostenuti da maggioranze piuttosto ampie, formate da coalizioni comprendenti diverse forze del sistema partitico; b) separazione formale ed informale del potere legislativo da quello esecutivo; c) bicameralismo (più o meno simmetrico); d) sistema partitico caratterizzato da molte forze politiche (multipartitismo) e multidimensionale (cioè caratterizzato da diverse fratture: etniche, di classe, religiose, linguistiche, ecc.); e) sistema elettorale di tipo proporzionale; f) federalismo territoriale e/o marcato decentramento politico; g) costituzione scritta e potere di veto delle minoranze su eventuali modifiche; h) forme di partecipazione democratica diretta (referendum, leggi di iniziativa popolare, ecc.).

Se nei Paesi più piccoli il modello di democrazia consensuale ha storicamente tenuto, quelli più grandi, viceversa, sono stati attraversati da esperienze di tipo autoritario: è il caso, notoriamente, dell'Italia, della Spagna, e della Germania. La democrazia consensuale richiede, infatti, mediazioni e tempi più lunghi, e processi decisionali fortemente formalizzati, a tutela delle minoranze. Questo ha spesso provocato, dunque, forte instabilità politica e maggiore difficoltà nel mantenimento del consenso nei confronti di governi talvolta o spesso costretti all'inazione. In questi Paesi, quindi, è più facile che emergano nelle fasi di crisi forze anti-sistema autoritarie, poco disposte alla mediazione, e pronte a proporre la scorciatoia populista in luogo delle classiche “cinghie di trasmissione” partitiche, normalmente in grado di garantire una democratica partecipazione politica, sebbene oggi queste forme di partecipazione siano in diversi Paesi in crisi da almeno un paio di decenni (in pratica, dall'entrata in crisi del cosiddetto “compromesso fordista-keynesiano”).

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